1. Introduzione

Le malattie neurodegenerative rappresentano una delle principali sfide della medicina contemporanea, con un impatto rilevante sulla qualità della vita degli anziani e delle loro famiglie.

In un contesto di progressivo invecchiamento della popolazione, diventa sempre più evidente la necessità di interventi mirati non solo alla gestione farmacologica dei sintomi, ma anche al mantenimento delle funzioni cognitive e delle autonomie nella vita quotidiana.

La stimolazione cognitiva si configura come uno strumento prezioso e complementare all’approccio medico, in particolare nelle fasi iniziali e intermedie del declino cognitivo.

In questo contributo presentiamo un’esperienza concreta di intervento neuropsicologico rivolta a un gruppo di anziani con deterioramento cognitivo lieve o moderato, attraverso attività strutturate condotte sia in modalità di gruppo che a domicilio.

 

2. Il contesto clinico

L’intervento è stato sviluppato all’interno di un servizio dell’Università Teologica di Roma, in uno spazio dedicato alla valutazione e al trattamento dei disturbi cognitivi dell’età senile.

Il gruppo di utenti coinvolti comprende anziani di età compresa tra i 70 e gli 85 anni, con diagnosi di decadimento cognitivo lieve (MCI) o di demenza in fase iniziale, prevalentemente di tipo Alzheimer.

La presa in carico delle persone da parte dell’Associazione SOS Alzheimer è avvenuta a seguito di una valutazione neuropsicologica e di un colloquio anamnestico, in stretta sinergia con il medico geriatra e/o neurologo.

L’equipe multidisciplinare coinvolta comprende neuropsicologi, psicologi clinici e terapisti occupazionali, con un lavoro integrato volto a garantire un supporto globale e continuativo.

 

3. La stimolazione cognitiva: obiettivi e approccio

L’intervento di stimolazione cognitiva, proposto sia a domicilio che in gruppo, ha come obiettivi principali il rallentamento del declino delle funzioni cognitive, il potenziamento delle risorse residue e il mantenimento di una partecipazione attiva alla vita quotidiana.

Le attività strutturate non si limitano all’ambito cognitivo, ma sono pensate per promuovere il benessere globale della persona, includendo anche le dimensioni emotive e relazionali. In particolare, la pausa spuntino rappresenta un momento prezioso in cui la dimensione relazionale viene alimentata e coltivata, favorendo socializzazione, scambio e senso di appartenenza al gruppo.

In particolare, gli esercizi proposti mirano a stimolare le seguenti aree cognitive:

 

4. Intervento di gruppo

La stimolazione di gruppo si svolge attraverso incontri settimanali della durata di circa due ore, con gruppi composti da 6-8 partecipanti.
Durante ogni incontro vengono proposte diverse attività, tra cui:

Le attività sono variate ad ogni incontro, con l’obiettivo di mantenere sempre alto il coinvolgimento dei partecipanti e stimolare in maniera equilibrata le diverse funzioni cognitive.

L’approccio adottato è positivo e non giudicante, volto a valorizzare le capacità residue piuttosto che sottolineare le difficoltà. Gli esercizi vengono adattati alle competenze del gruppo e modulati nel tempo sulla base delle osservazioni cliniche.

Tutto si svolge in un clima sereno e accogliente, in cui il divertimento, la comprensione reciproca e una sana ironia favoriscono la partecipazione attiva. È fondamentale che ogni momento sia vissuto con leggerezza e rispetto, riconoscendo le difficoltà ma trasformandole in uno stimolo per condividere, crescere e mantenere vivo il senso di appartenenza al gruppo.

 

5. Uno spazio che cura, oltre l’intervento

Oltre all’aspetto cognitivo, ciò che rende questo percorso davvero prezioso è il suo valore umano. Il gruppo diventa uno spazio dove le persone si sentono ascoltate, riconosciute, accolte. Dove il tempo è scandito non solo dagli esercizi, ma anche dai racconti, dai sorrisi, dai piccoli gesti.

Nel gruppo, la malattia non è l’unica protagonista. Ogni partecipante ha un nome, una storia, una voce. E in quel tempo condiviso, memoria e relazione si intrecciano, restituendo dignità e senso a ogni incontro.

 

6. Stimolazione domiciliare: continuità e personalizzazione

In parallelo all’attività di gruppo, viene proposto un intervento domiciliare personalizzato, rivolto sia a persone impossibilitate a partecipare agli incontri in sede, sia a coloro che desiderano incrementare le attività di stimolazione in maniera individualizzata.

Il lavoro domiciliare prevede:

Questo tipo di intervento ha mostrato benefici significativi in termini di maggiore aderenza al percorso, riduzione del senso di isolamento e incremento della consapevolezza da parte delle famiglie rispetto al processo di deterioramento.

L’approccio utilizzato integra la stimolazione cognitiva con attività legate alla creatività e al sostegno emotivo. Colori, disegni e materiali semplici — come cartone, carte o immagini — diventano strumenti fondamentali per costruire esercizi personalizzati, capaci di stimolare e valutare le capacità residue dei pazienti.

Durante le sedute vengono utilizzati supporti visivi e tattili (schede, giochi cognitivi, percorsi strutturati creati a mano) che facilitano la comprensione, l’orientamento e il mantenimento delle funzioni cognitive attraverso i canali visivo e manipolativo.

Questo approccio non solo rende l’esperienza più accessibile e coinvolgente, ma favorisce anche una comunicazione empatica, valorizzando le risorse presenti nel paziente. Lavorare con materiali semplici e creativi permette infatti di “entrare nel mondo” della persona in modo delicato e rispettoso, creando uno spazio in cui memoria, identità e relazione possono ancora trovare espressione. 

 

7. Osservazioni cliniche

Nel corso degli interventi sono emersi risultati qualitativi positivi, sia sul piano cognitivo sia su quello emotivo e relazionale. I pazienti coinvolti hanno mostrato:

A questi risultati si aggiungono le testimonianze dei caregiver, che hanno riportato una maggiore serenità nella gestione quotidiana e una percezione più positiva del proprio ruolo di supporto. La partecipazione alle attività di gruppo ha inoltre favorito la creazione di una rete di sostegno reciproco tra caregiver, dando vita a nuove relazioni e amicizie. 

I momenti informali di condivisione, collocati all’inizio e alla fine delle sedute, si sono rivelati fondamentali per offrire ai caregiver uno spazio di confronto spontaneo, in cui concedersi supporto vicendevole in un clima di comprensione e accoglienza.

 

8. Conclusioni

La nostra esperienza conferma l’efficacia della stimolazione cognitiva integrata come strumento fondamentale nella presa in carico degli anziani con disturbi neurodegenerativi e dei loro nuclei familiari. Tale approccio si è dimostrato capace non solo di sostenere le funzioni cognitive residue, ma anche di favorire il benessere emotivo e relazionale, migliorando la qualità della vita delle persone coinvolte e rafforzando la rete di supporto attorno a loro.

Firma

Dott: ssa Filomena Lopez Psicoterapeuta neuropsicologa 

Dott.ssa Vittoria D’Antonio, Neuropsicologa, Psicoterapeuta in formazione

Dr.ssa Marilina Lamanna, Neuropsicologa, Psicoterapeuta in formazione